Il bambino e l’acqua sporca

Warning: discorsi fuor dai denti ahead. Il gattino serve solo a stemperare un po’.

Qualche giorno fa, sulla bacheca di un mio contatto, sono capitata in una discussione in cui si è fatta menzione degli attivisti autistici non verbali in USA. E a me, quando leggo queste cose, ormai scattano i campanelli d’allarme.

Perché? Perché l’attivismo made in USA ha preso una pericolosa china ideologica, sbilanciatissima, che rischia di fare più danno che altro.
Quando mi sono affacciata nel meraviglioso mondo dell’autismo e ho iniziato a guardami intorno, mi sono iscritta ad alcune pagine sull’argomento, soprattutto in inglese, e quindi scritte da inglesi o americani, a volte autistici, altre volte genitori di autistici. Inizialmente ho apprezzato molto il taglio “dalla parte dell’autistico”, con forti e per me giuste richieste di riconoscere la diversità della mente neurodivergente e il suo diritto di essere come è ed avere accoglienza e accomodamento.
Pian piano però ho iniziato a leggere, negli ultimi tempi, cose che mi lasciavano di stucco. Per esempio, l’endorsement di pratiche scientificamente sconfessatissime come la comunicazione facilitata, nelle sue varie reincarnazioni con nomi diversi, strumenti diversi ma sempre la stessa identica base: qualcuno che fa da assistente e “facilitatore” all’autistico di turno. Che di solito è un autistico che da solo non riuscirebbe manco ad allacciarsi una scarpa o andare in bagno, ma qui rivela doti insospettabili di eloquenza, dialettica e persino poesia.

Il mio allarme è aumentato quando ho saputo che nel board dell’associazione più vocale e autistica del mondo dell’autismo americano, l’ASAN, sedeva una persona che comunica con la comunicazione facilitata. Lì mi sono cascate proprio le braccia, lo ammetto, e ho smesso di seguire del tutto le loro pagine e iniziative.

Lo dico senza tanti giri di parole, de-medicalizzare l’approccio all’autismo è una battaglia sacrosanta, ma non significa, non può significare, de-scientificizzarlo.
Se per dire no alla medicalizzazione eccessiva vi buttate in braccio a qualunque spacciatore di fuffa antiscientifica, state buttando con l’acqua sporca anche il bambino. Autistico.

Cose come la comunicazione facilitata (che attenzione, è cosa ben diversa dalla CAA, la comunicazione aumentativa alternativa) sono state ampiamente dimostrate essere inesistenti, quello che ne esce non è farina del sacco dell’autistico ma, in modo più o meno inconsapevole, del facilitatore.
Capiamoci bene: dare spazio alla comunicazione facilitata non è una innocua consolazione per le famiglie di ragazz* gravi, significa toglierne alla vera comunicazione da parte degli autistici non verbali o solo parzialmente verbali. Significa non investire tempo e risorse su metodi scientificamente validati e raccomandati che possono veramente migliorare le possibilità di comunicazione di una persona autistica con disturbo grave del linguaggio. Significa rischiare che quello apparentemente vi scriva un poema sullo scorrere del tempo e come questo lo lacera interiormente, ma poi non riesca a comunicarvi che in realtà gli fa male un dente, e per quello sragiona.

Significa anche non volersi arrendere a quella che secondo me è una verità incontrovertibile: che non è tutto bello e tutto sano, per gli autistici. Che esistono autistici con enormi problemi di comunicazione, che forse non saranno mai del tutto superati. Che non è vero che con gli strumenti “giusti” qualunque autistico può comunicare tutto il mondo insospettabile che ha dentro, ci sono e temo ci saranno sempre autistici con una capacità di comunicare molto ridotta.

E questo va accettato, per rispetto nei confronti proprio di quegli autistici. Che sono persone con un valore intrinseco già così, anche se la loro comunicazione è ridotta, anche se sono ridotte le loro capacità di autodeterminazione. Sì, ci sono persone autistiche che non potranno mai autodeterminarsi completamente. Potranno farlo per certi ambiti, e questo va rispettato e coltivato il più possibile. Ma non in tutti gli ambiti.

E questo non perché sono autistici, attenzione, ma perché sono umani. Perché esistono tra gli umani, anche tra i neurotipici eh, anche quelli che non hanno capacità comunicative standard, non hanno un livello cognitivo standard, non hanno prospettive di vita standard. Mi sembra una enorme mancanza di rispetto *per loro* non accettarlo, e cercare di trasformarli a tutti i costi in una imitazione dell’umano standard come favola consolatrice di noi umani standard. Mi sembrerebbe molto più rispettoso e onesto cercare di entrare nel loro mondo per capire come loro possono comunicare, fino a che punto possono comunicare, fino a che punto possono fare. Senza porre limiti, certo, ma senza imporre visioni impossibili. Credo che questo significhi rispettare i loro diritti umani, di essere umani come sono e possono esserlo, non come li vorremmo noi per questioni ideologiche nostre.

E quindi per questo mi preoccupa che l’attivismo USA stia virando decisamente verso una visione fortemente ideologizzata e antiscientifica dell’autismo e di quello che serve per supportare tutti gli autistici, anche quelli che non possono manifestare per sé stessi.

P.s. esistono anche attivisti USA definiti non verbali, che in realtà tecnicamente sono verbalissimi, ma hanno un mutismo (s)elettivo. E allora forse sarebbe più chiaro e onesto dire che sono verbali con mutismo selettivo, invece di ingenerare equivoci e pure false speranze nei genitori di ragazzi con molte più difficoltà di comunicazione che leggono quei post.
Ve l’avevo detto che avrei parlato fuor dai denti.

3 pensieri riguardo “Il bambino e l’acqua sporca

    1. Sì, ma così mi veniva male il finale della frase 😀 Comunque cambiando l’ordine delle parole il significato può restare lo stesso, si buttano due cose insieme, che non andrebbero buttate insieme.

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