Time travel and Asperger

 

Una delle cose più difficili da comprendere per chi ci vede dall’esterno è che spesso i nostri problemi con la scuola non sono dovuti a carenze cognitive, ma a differenze di percezione.

Ed uso intenzionalmente la parola “differenze” invece che problemi, stavolta.
Avere un problema cognitivo, come ad esempio un ritardo cognitivo, è un conto. Avere una percezione diversa delle cose, per cui si possono avere facilità per un verso e difficoltà per un altro, e comunque rispetto a cose organizzate solo per un certo tipo di percezione, non il nostro, all’interno di un cognitivo integro, è un altro.

Vediamo in concreto: studiare Storia.
La percezione del tempo di un neurotipico è più o meno questa:

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La percezione del tempo di un autistico è piuttosto questa:

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Per i neurotipici il tempo è lineare, ed il fatto che viviamo in una cultura neurotipica ha indotto anche molti autistici ad accettare questo come un dato di fatto, il tempo è lineare, certo, chi lo mette in dubbio?

In realtà, per un autistico, per la sua percezione del tempo, il tempo è una dimensione che si espande (ed Einstein would approve!), non una linea che va in una direzione, cioè avanti. E’ tutto intorno a te, per  citare uno slogan. Non esiste una distinzione chiara e istintiva tra prima e dopo all’interno del passato o del futuro, la sequenza non è una cosa chiara e scontata, è tutto presente nella coscienza e visualizzato assieme, e noi ci muoviamo mentalmente tra gli eventi nel tempo come dei Tardis, a salti di spazio-tempo facendo collegamenti di tipo logico o causale (tra l’altro questo è uno dei motivi per cui è difficile far superare un trauma ad un autistico, più difficile che con un neurotipico, secondo me: perché il passar del tempo non aiuta molto, non è vero che serve, che passino due anni o venti si è sempre al centro di quel tempo, serve molto di più arrivare ad una “closure” come la chiamano gli anglosassoni, una conclusione di qualche tipo).

Mia figlia, l’Aspiebaby, non usa le parole per definire il tempo con naturalezza. Da piccola non capiva proprio di cosa si parlasse. Poi fino alla seconda elementare, per lei tutto il passato era “ieri”, che fosse ieri davvero o due ore fa o due anni fa non importava, tutto il futuro era un “domani” vago e indistinto, poteva essere domani come tra due mesi o tra vent’anni o alla fine dell’Universo. Ora usa parole come domani, giorni fa, l’anno prossimo etc. ma lo fa in modo piuttosto strano, a volte scorretto, quasi a caso. Il suo modo classico di esprimersi è “mamma, ti ricordi che è successo l’altroieri, no era due giorni fa no forse era una settimana fa sì vabbe’ tanto non importa”. E veramente per lei non importa. E’ successo, che ti frega quando esattamente? E’ successo in quel blob, quel territorio che si espande in ogni direzione che chiamiamo passato, ti basti questo. Passiamo alle cose importanti, madre.

Mio figlio, l’Asperboy, quando gli dico “Teso’, tra due ore usciamo” mi chiede invariabilmente “mamma, quanto sono due ore?”. Dice sul serio, non ne ha un’idea interiore, chiede a me aiuto per farsela. Io so che devo ricordargli gli impegni due giorni prima, poi il giorno prima, poi la mattina stessa, poi a intervalli più ravvicinati. E comunque gli piomberanno addosso come il giorno del Signore, perché non ha il senso del tempo. Ha 14 anni, non 2. Non ha ancora costruito un senso del passare del tempo come dimensione lineare.

E se volete saperla tutta, non se lo costruirà mai. Io non ci sono riuscita. Quello che io ho imparato a fare, nel tempo, è stato usare supporti per gestire il tempo in modo simil-lineare. Supporti esterni a me, come orologi, calendari, agende, liste di cose da fare, sveglie, reminder, mappe per studiare. E’ quello che cerco di insegnare ai i miei figli.
Sono molto brava a gestirmi il tempo, perché non è un problema cognitivo ma di percezione, ed il mio cognitivo è ottimo, quasi quanto la mia modestia. Ma non avrò mai un senso del tempo lineare compiuto come se fossi nata neurotipica. Saprò gestire il tempo in modo che non si noti che non lo percepisco allo stesso modo. E’ come se voi prendeste un amputato sotto il ginocchio e gli metteste una protesi al carbonio… quello con un po’ di allenamento riuscirà persino a fare i 100 metri in modo da lasciar indietro tanti. Ma non gli ricrescerà mai una gamba, siamo realisti. Non noterete che è amputato se porta pantaloni lunghi, ma se per qualche motivo deve toglierseli ve ne accorgerete. Anche se potrebbe darvi la polvere, con quella gamba lì, lo farà a modo suo.
Quando devo fare una visita medica e il dottore cerca di raccogliere l’anamnesi per me è il momento in cui mi levo i pantaloni lunghi e vedete la mia protesi: il dramma è riuscire a mettere gli eventi in ordine corretto. Io sono in grado di raccontare con dovizia di dettagli importanti da un punto di vista clinico tutto quello che mi è avvenuto ed anche che è avvenuto ai miei parenti (anamnesi familiare), moooolto meglio del paziente medio, fornendo anche i nessi causali, ma non di metterlo in sequenza  temporale  con sicurezza, come sembra aspettarsi il medico di fronte a me. Devo pensarci su bene e aiutarmi con diari e documenti medici. Quand’è che ho avuto la prima colica biliare? Nel 2013? 2014? Due anni fa? BOH. Mio marito, che è neurotipico, invece, ricorda con una sicurezza che mi lascia sempre stupefatta la successione degli eventi, anche lontani nel tempo, la loro collocazione sulla linea del tempo. Non so come faccia.

Adesso, secondo voi, come fa a studiare Storia con agio, così come la si studia oggi nell’Occidente moderno, sequenza di date ed eventi, una persona per cui il concetto stesso di sequenza (di eventi in questo caso) non è un qualcosa di naturale, innato?

Ve lo dico io, è un macello. E’ un macello come allacciarsi le scarpe, che richiede una sequenza precisa di gesti. E infatti gli autistici di solito usano le scarpe con il velcro. E cercano di infilarsi quelle maledette date degli eventi in testa in sequenza giusta per il tempo necessario all’interrogazione o all’esame, e poi tanto spariranno come segni sulla sabbia quando arriva la marea. Resteranno altre cose, per cui la memoria è ottima, specie se si tratta di argomenti che ci interessano. Per esempio, io adoro la storia come studio dei meccanismi sociali, degli eventi in sé, dei collegamenti logici tra eventi meccanismi istanze umane scoperte esplorazioni migrazioni… in questo modo memorizzo le cose, perché le vicende umane sono una delle cose più affascinanti. Le date, l’ordine in cui le cose sono avvenute… no. Quindi io adesso dovrò andare a scuola dell’Asperboy a spiegare alla sua professoressa di Storia che sarà dura, che anche con un QI sopra il 150, quindi un cognitivo che levati, la sua percezione è autistica e quindi mio figlio capirà benissimo le motivazioni della guerra dei 100 anni, magari, ma la sequenza di eventi no, non glie la potrà recitare facilmente, ed anche se la recitasse comunque in qualche misterioso modo per lui non significa niente, la detesta cordialmente e se la scorderà ASAP, che le mappe concettuali glie le dobbiamo fare adattate per la sua percezione, cioè con nessi logici e funzionali, non sequenziali, e che insomma sì, sarà dura lo stesso, come sempre…
Ma io sono un generale, sto allineando le mie truppe, potrò perdere delle battaglie ma la Storia mi insegna che ‘sta guerra alla fine la vincerò io. Anche se da brava autistica non ho una chiara idea di quando.