Basta poco, che cce vo’?

Sempre l’Asperboy
“Ma’, oggi ho fatto un disegno del Piccolo Principe a scuola”
“EEHH??”
“Ho detto che oggi ho fatto un disegno del Picc…”
“Sì quello l’ho capito. Ti rendi conto? Hai disegnato qualcosa che non è tra i tuoi interessi personali. Ti ricordi che prima non riuscivi a farlo? Se ti chiedevano di disegnare altre cose a parte le tue dicevi di no”
“Sì è vero, ma il prof mi ha detto: fammi un disegno sul Piccolo Principe… ma se vuoi il Piccolo Principe può essere il tuo personaggio”
“Anvedi ‘sto prof… ”
“Ah, poi sai che io quando ci sono le pause e non c’è niente da fare sto male no? Ecco, deve averlo capito perché mi dà sempre qualcosa da fare, mi dice fai questo e poi questo… questo prof di arte è *bravissimoh*” pausa “sai ma’, mi sta piacendo andare a scuola…”

MA ALLORA NON ERA COSI’ COMPLICATO E IMPOSSIBILE

Aspieboy speaks

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Scritto da un Asperboy di 14 anni oggi, terzo giorno di liceo. A new day has come.

“Ah, le care vecchie elementari…La mia prima tappa verso un futuro radioso, pieno di farmaci e incomprensioni.
Sono state il primo inferno in cui ho capito di essere più dotato dei miei coetanei, e che mi hanno così fatto sentire fuori dal mondo e tristemente solo.
Il mio primo approccio con esse è stato molto gradevole, devo dire.
Ero riuscito a stringere amicizia con la maggior parte della mia classe, e con loro giocavo spesso a pallone una volta fuori scuola.
Sono riuscito a mantenere questo piacevole ritmo di risate e studio fino alla terza elementare.
Non so se fosse a causa della mia crescita, o del comportamento della nostra maestra, ma tutto cominciò a diventare insopportabile.
I compiti si facevano sempre più numerosi e complicati, e non riuscendo quasi mai a finirli andavo nel panico ed ero costretto ad essere ricoverato in ospedale.
E questo ogni giorno.
Alla fine mi rifiutai di continuare la scuola.
Mia madre, donna molto comprensiva, mi portò da una psicologa, che mi aiutò per lungo periodo a mantenere una buona frequenza scolastica.
Ma alla mia carissima maestra (donna di cui ricordo ancora il volto) non tornavano i conti.
Per lei era tutto un brutto scherzo.
Io fingevo, non avevo alcun attacco di panico.
Certo, perché ovviamente le iniezioni di Xanax in vena me le facevo fare per divertimento, nell’ambulatorio.
Durante il quarto anno di elementari sempre stessa storia.
Mi accorgevo benissimo che le medicine che mi venivano date non facevano un grande effetto, anzi, stavo peggio.
Tanto che a mia mamma vennero dei dubbi.
Mi portò da più psicologi.
Al tempo non sapevamo davvero a chi riferirci.
Eravamo disperati, tutto il contrario di adesso.
Nessuno di loro era mai d’accordo con quello che diceva mia madre. Per lei potevo avere una forma di autismo ad alto funzionamento, e preciso che all’epoca sapere cosa fosse l’autismo era grande cosa.
Insomma, c’è chi diceva che ero solo ansioso, c’è chi diceva che ero solo spaventato dalla scuola, ma quasi tutti dicevano che era tutta colpa di mia madre.
Quella donna ne ha passate davvero tante, ed io mi ci arrabbiavo pure….se potessi tornare indietro mi darei un pugno dritto in faccia.
A quanto pare la mia poca autonomia era a causa delle cure amorevoli di mia madre, al punto che le dissero che doveva smettere di essere così buona e gentile con me.
Ora.
Non ricordo cosa successe, ma ho avuto come il presentimento che li abbia mandati beatamente tutti a’ffancu-
AH, e preciso, quelli da cui siamo andati erano tutti psicanalisti.
Insomma gli anni passano ed io continuavo a sentirmi sempre più strano.
La gente parlava ma nessuno di loro era lì per dirmi qualcosa di importante.
I compiti che ci venivano assegnati erano una vera e propria tortura, e credetemi quando vi dico che le cose da studiare erano prese da un libro di terza media.
Ho controllato.
Tutto troppo in fretta.
Dovevo rallentare.
Dovevo smettere di pensare.
Così smisi definitivamente di andare a scuola.
Passai gli ultimi due anni di elementari a piangere e farmi del male, e non incolpo del tutto chi era ad insegnarmi…ma lo faccio.
Ovviamente avrei sempre avuto problemi di “apprendimento” anche senza una persona che minacciava di buttare il mio zaino fuori dalla classe se non gli avessi consegnato il foglio con i quadretti anziché le righe…ma era tutto veramente eccessivo.
Senza scordare la sue insinuazioni verso mia madre.
E’ stata lei oltretutto, a dissuaderci da una diagnosi per l’autismo, tornando al discorso di inventarsi le cose.
Ed insomma…la mia maestra dissuade mia madre…e lei la ignora.
Grazie mamma.
Grazie per avermi creduto.
Mia madre si mette così a studiare ogni metodo esistente per farmi continuare la mia vita in tutta serenità, e trova finalmente uno psicologo ESPERTO in bambini autistici.
Perché chiariamoci, non tutti possono fare diagnosi sull’autismo con una competenza adeguata.
Molti sono lì senza neanche una buona licenza di medico.
Specie gli psicanalisti, che sono sempre da diffidare.
Fanno solo del male, perché sai…un metodo di studio antiquato può anche andare bene.
MA quando si parla del Medioevo bisogna evolversi!
Purtroppo queste sono persone fermamente convinte dei loro metodi, nonostante sia provato in diversi modi che sono sbagliati, io ne sono la prova.
E chi ce lo spiegava questo quattro anni fa’?!!
EH??
Mia madre, ovvio.
Lei è molto intelligente.
Insomma, con gente esperta nel campo dell’autismo si spiega perfettamente la mia diagnosi.
Sindrome di Asperger.
La sindrome di Asperger è niente popò di meno che l’autismo ad alto funzionamento con un nome diverso, visto che oggi giorno l’autismo è visto come una malattia dalla gente comune.
Non posso dire “sono autistico” perché capiresti male.
Quindi dico che sono asperger.

No aspè, dico a tutti che sono Asperger e poi spiego che “Asperger “è un sinonimo di “autismo ad alto funzionamento”…
…e poi racconto che anche Einstein era Asperger…
E che lo era anche Van Gogh.
E anche chi ha inventato il computer.
Si potrei fare una grande lista di personaggi importanti autistici.
E’ la mia passione.
Fare le liste.
Ma non credo sia questo il punto, il punto è che finalmente sono riuscito a spiegarmi il perché dei miei comportamenti.
Sono finalmente venuto a conoscenza dei miei punti forti, invece di continuare a fissarmi su quelli deboli.
E tutto grazie a mia madre e alla mia forza di volontà.
Ho avuto momenti in cui sarei volentieri saltato giù dalla finestra del quarto piano, ed altri in cui avrei abbracciato il corriere che era solamente venuto a consegnarmi il mio fumetto di Batman Europa.
Non è tutto passato, no, ma ora sto decisamente molto meglio.
Non mi incolpo più per i miei comportamenti, ed imparo ogni giorno a migliorarmi.
Per questo sono così informato sulla mia “condizione”.
Per me sapere cosa mi succede è di routine.
Negli ultimi due anni non mi è mai successo di non capire qualcosa.
Sono perfettamente cosciente di tutto.
Beh, non proprio di tutto, se ho mal di testa posso ipotizzare sia colpa della mia fotofobia, ma potrebbe anche essere l’odore delle fogne.
E’ tutto un gran guazzabuglio di idee.
Ma imparerò a ordinarle.
Se mi andrà di farlo.
Ci sono cose che non voglio cambiare.
Fanno parte di me.
E dovranno restarmi addosso.”

(foto di Melanie Moree)

In verità, in verità vi dico…

believe-me-on-chalkboard

Un giorno sono andata a trovare i miei zii con l’Aspiebaby, che allora avrà avuto due o tre anni. Una tombolotta adorabile e sfiancante.
Chiacchieriamo del più e del meno, anche del fatto che a casa mi tocca stare con tremila occhi aperti perché questa come mi giro cerca di salire sulle sedie per affacciarsi alle finestre, per strada si butta sotto le macchine per gioco, cerca di scendere dallo scivolo al parco dal lato privo di parapetto etc. etc. etc. insomma non sto mai tranquilla, MAI.
Se c’avete piccoli Aspie terremotini, senza alcun senso del pericolo, sapete di cosa sto parlando. Se non ce l’avete, mi risponderete come mia zia che mi disse più o meno che lei con due figlie e varie scale in casa non aveva MAI dovuto usare un cancelletto, e non era successo mai niente. Insomma un po’ come dire basta avere l’atteggiamento più tranquillo e le cose vanno più lisce, non succede niente di grave.
Io adoro mia zia, ma sul serio eh, non per dire, quindi ho sorriso e non ho detto niente. Poi mia zia  mi chiede se può portare l’Aspiebaby a fare una passeggiata fuori in campagna mentre io mi riposo in casa, ed io ovviamente dico di sìììììì, perché ogni momento di rifiato (mio) è prezioso.
Tempo 20 minuti e mia zia torna con l’Aspiebaby saldamente tenuta per mano e gli occhi difori e mi fa “Serena, ma questa cerca di buttarsi giù dai dirupi!”.
Eccerto, cosa ti ho detto finora? 
Ma non mi credete mai, quando ve le racconto. Non mi crederei manco io, lo ammetto eh, se non ci fossi passata. Penserei “Eeeeh, che esagerata”. E invece.

Il problema del non essere creduti come genitori quando spieghiamo come funzionano i nostri figli è un grosso problema. Per noi e per i nostri figli.
Perché noi genitori ci sentiamo costantemente sotto accusa, accusa di essere delle chiocce irrimediabili, di essere noi a tenere i nostri figli ancora dipendenti e non autonomi, di essere gente che non regge la normalità etc etc… in pratica siamo la Cassandra della situazione, che annuncia (possibili) sventure, non viene creduta e deve star lì a guardare tutto che va a rotoli senza poter manco dire “ve l’avevo detto”, perché poi pare antipatica. Anzi, è sempre e comunque tutta colpa nostra. 
Io lo vedo, quando parlo dei miei figli ai consigli di classe, che i prof non riescono a crederci fino in fondo, a quel che dico. Lo vedo nei loro occhi e soprattutto poi nei loro comportamenti con i miei figli, appunto. Cerco di trovare le parole, gli esempi per spiegare loro ma niente, non li ho ancora trovati temo. O forse la mentalità corrente è che una madre è poco attendibile per definizione, quando parla dei propri figli, cercherà sempre di scusarli e quindi non va creduta.
E i nostri figli si ritrovano in guai più grossi di loro perché vengono fraintesi, giudicati e non aiutati nelle loro reali difficoltà. Spesso i risultati sono meltdown, chiusura sociale, fuga da situazioni, crollo dell’autostima.

Insomma, datece retta un po’. Il beneficio del dubbio almeno. “ma fammi vedere un attimo se queste mirabolanti incredibili cose che dice questa qua sono almeno un po’ vere”.
Lo sono, giurin giurello. Quando vi spiego come funzionano i miei figli, lo faccio anche per voi. E vi posso assicurare che l’esperta mondiale in materia sono io. Fidatevi, vi risparmierete anche voi un sacco di rogne.

Se per esempio vi dico che l’Asperboy va in grossa grisi per il rumore continuo, per le luci troppo forti… credetemi. Anche se a voi non fanno questo effetto, anche se vi sembra impossibile che si possano avere crisi di nervi solo per un po di rumore e di luce. Non sono una madre che cerca in ogni modo di giustificare comportamenti maleducati del figlio, sono una che prova a spiegarvi come funziona un autistico. Provate a vedere la differenza di comportamento se lo portate in un’aula tranquilla, se chiudete un po’ quella serranda in classe, se usa cuffie per il rumore, se può uscire dalla stanza e camminare in un corridoio tranquillo ogni tanto, se vi interessate al suo mondo personale. Potreste scoprire che non è un ragazzino stranamente bizzoso e distratto, che dice di no a priori a tutto, che ogni tanto ha momenti di inspiegabile (inspiegabile per voi) rabbia, potreste scoprire che è un ragazzino che vuole solo tanto essere un bravo ragazzino, non dare problemi a nessuno, dimostrare quello che vale a scuola, conoscere le persone e farsi conoscere. Se solo non dovesse sprecare tante energie solo per controllare il disagio dovuto all’ipersensorialità e all’ansia di non essere compreso.

Il primo passo insomma è darci un po’ di fiducia. Anche perché siamo tanto stanchi di non essere veramente mai creduti.