
In Italia esiste la libertà di cura, ed è addirittura prevista dalla Costituzione, nell’art. 32. Nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario, tranne casi molto specifici e regolati dalla legge.
Questo significa che se non voglio essere curata per qualcosa nessuno può obbligarmi, e anche che posso scegliere da chi farmi curare. E questo vale anche per i minori di cui ho la responsabilità genitoriale, cioè i miei figli.
In Italia però esistono anche leggi scritte male, e una di queste è il DI 182/2020, là dove descrive la composizione del GLO, cioè il gruppo di lavoro che deve discutere e approvare il PEI, il Piano Educativo Individualizzato, che secondo la legge 104/1992 e sue linee di applicazione definisce tutti gli interventi da attuare a scuola per favorire l’inclusione dei ragazzi disabili come i miei figli.
Cosa dice questo DI 182/2020? All’articolo 3 comma 3 recita: “3. L’UMV (unità multidisciplinare di valutazione n.d.r.) dell’ASL di residenza dell’alunno o dell’ASL nel cui distretto si trova la scuola, partecipa a pieno titolo ai lavori del GLO tramite un rappresentante designato dal Direttore sanitario della stessa. Nel caso in cui l’ASL non coincida con quella di residenza dell’alunno, la nuova unità multidisciplinare prende in carico l’alunno dal momento della visita medica nei suoi confronti, acquisendo la copia del fascicolo sanitario dello stesso dall’ASL di residenza.”
E qui la mia domanda è: chi vi ha detto che l’alunno è sempre in carico alla Asl di residenza? I miei figli non lo sono, per esempio. Sono seguiti privatamente da specialisti competenti in materia. Infatti l’unica volta che una rappresentante Asl si è presentata al GLO di uno dei miei ragazzi, perché la scuola aveva insistito a convocarla a tutti i costi, la prima cosa che ha detto è stata: io non capisco perché sono qui visto che il ragazzo non è in carico a noi. Sgomento dei presenti, e mo’ che facciamo???? tranne la sottoscritta che ha detto: perfetto, mettiamolo a verbale e procediamo con il GLO.
Perché io la legge in materia di sanità la conosco, e pure quella in materia di inclusione scolastica. Però periodicamente la questione riciccia, quando c’è da convocare un altro GLO (e con due figli certificati e la nuova legge che ne prevede almeno 3 all’anno, vi lascio immaginare quanti ne ho fatti e ne farò ancora) e la scuola va in cardiopalma perché bisogna chiamare la Asl.
Che poi pare che questo fatto di avere i figli in carico a specialisti privati sia ‘na specie di capriccio da parte di noi genitori, un volerci “comprare” diagnosi di comodo magari.
Ora, farò un elenco di cose realmente accadute e non vi dirò a chi e dove, fatevi le vostre ipotesi, ma vi assicuro, sono tutte cose successe davvero:
– a qualcuno che conosco la Asl territoriale ha assicurato che la figlia non era autistica, tranquilli, e poi è autistica as fuck, all’ADOS fatto finalmente da altro professionista di altra Asl è uscito un punteggio da mani nei capelli. La prima Asl non ha purtroppo npi formati in autismo, succede eh, non è strano, mica possono essere esperti in tutto. Peccato però che le famiglie possano rivolgersi solo alla Asl del loro territorio, se gli va bene il npi di quella Asl ci capisce del problema del figlio, se gli va male non ci capisce e so’ cazzi amari, non puoi rivolgerti ad altra Asl dove sai che c’è gente più competente
– a qualcuno che conosco, la Asl territoriale ha dato appuntamento per la prima visita del figlio quattrenne con una psicologa che è cascata dalle nuvole perché lei si occupava solo di consultorio adolescenti. Tutto da rifare.
– a qualcuno che conosco, la Asl territoriale ha detto apertis verbis che non avevano la possibilità di inserire la figlia in un percorso terapeutico, perché non era abbastanza grave
– a qualcuno che conosco il mega centro di ricerca inserito nel sistema pubblico ha dato appuntamento per una visita 18 mesi dopo. Avete letto bene: primo posto disponibile, tra 18 mesi
– a qualcuno che conosco la Asl territoriale ha avviato la procedura di messa in lista d’attesa per ricovero urgente di figlia con ideazioni suicidarie. Stanno ancora aspettando la chiamata dopo 6 anni (nel frattempo ovviamente la figliola l’hanno portata altrove)
Potrei andare avanti un bel po’, ma spero che vi basti per capire che in questo paese, con questa sanità, le Asl e correlati istituti sono del tutto insufficienti per coprire le reali necessità delle famiglie di ragazzini come i miei.
Solo che lo Stato Italiano, bontà sua, a cui pago le tasse ma che non mi fornisce i mezzi per assistere al meglio i miei figli, poi mette in capo a me e a mio marito la responsabilità della loro salute fisica, mentale e sociale. In altre parole, se qualcosa va male la responsabilità è mia, mica della Asl che non c’ha specialisti formati, o che non ha posto per le terapie etc etc etc. E’ mia. Devo trovare io una soluzione, non solo perché se vedo i miei figli stare male mi si strappa l’anima, ma perché per legge è così. Ma per legge io sono passibile di denuncia se non mi occupo dei miei figli, non se non li metto per forza in cario alla Asl, questo non è obbligatorio. Devo provvedere a loro. Come meglio fare, lo devo decidere io.
Quindi, voi che fareste al posto mio?
Io so cosa ho fatto: ho cercato sempre il meglio possibile per aiutare i miei ragazzi qui e ora, pubblico o privato che fosse non me ne fregava niente, perché loro hanno bisogno di aiuto, e di aiuto competente, ORA, non tra 18 mesi se va bene.
Quindi per me questo famoso DI 182/2020, che ha dalla sua sicuramente vari pregi, quando si arriva al discorso composizione GLO è scritto coi piedi e serve solo a complicare ulteriormente la vita delle famiglie. Come se ne avessimo bisogno.
P.S. per chi si chiede ma allora come hai fatto ad avere la certificazione 104 dall’INPS, visto che ci vuole una diagnosi pubblica? A parte il fatto che non ovunque ci vuole per forza una diagnosi pubblica, i miei figli hanno almeno una diagnosi iniziale rilasciata da un ente pubblico, e poi per il resto sono relazioni di centri privati. Non è che quando la Asl ti rilascia finalmente dopo sangue sudore e lacrime una diagnosi poi quello è un contratto a vita firmato col sangue. Non c’è nessun obbligo a restare in carico alla Asl per sempre. Ma chi ha scritto il DI 182 evidentemente non lo sa o finge di non saperlo.
Domanda secca: quali sono i test, gli strumenti migliori che tu conosci per fare diagnosi per un qualsiasi disturbo dello spettro autistico?
Io ho fatto una ricerca (ovviamente molto, molto rapida e superficiale) ed ho letto appunto dell’ADOS che tu qui citi.
Dato che mercoledì la neuropsicologa (anzi, il suo tirocinante perché, con onestà, lei ha ammesso di non essere competente in materia) mi somministrerà qualcosa allo scopo, vorrei avere un minimo quadro d’insieme e rendermi conto di cosa mi stanno proponendo – o rifilando.
La valutazione ulteriore l’ho richiesta io, partendo da alcune difficoltà che con la batteria classica di base non emergono.
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Dipende. L’ADOS è uno strumento nato per diagnosticare l’autismo quando si pensava all’autismo solo come una disabilità grave. Quindi “becca” molto bene l’autismo nei bambini con sintomi abbastanza evidenti e poca capacità di mimetismo e adattamento. Più il livello di funzionamento è alto, meno l’ADOS funziona per cogliere le sfumature e i tratti, in sostanza.
Nel caso di ragazzi e adulti con un autismo di livello 1, insomma Asperger, e quindi con un buon cognitivo e buona capacità di adattamento, e anche anni di adattamento, l’ADOS può non “prenderci”, non evidenziare un autismo che invece c’è. In quei casi sono più indicati altri test come CARS e RAADS. E non lo dico mica io, lo dice l’ISS e lo trovi anche in un libro che fotografa lo stato dell’arte rispetto all’argomento in Italia, “I disturbi dello spettro autistico in adolescenza e in età adulta: Aspetti diagnostici e proposte di intervento” , a cura di Keller.
Il problema è che l’ADOS è considerato il gold standard, come test, e molti specialisti non si rassegnano al fatto che è un ottimo test, ma non copre tutto lo spettro dei disturbi autistici, oggi lo sappiamo.
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Ti ringrazio molto.
Segno e studio.
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