Positività tossica

Oggi su un gruppo (molto interessante e utile, sia chiaro) dove si discute di normativa e (non) inclusione nella scuola italiana, m’è venuta sotto, pure un po’ piccata, una docente, per esortarmi ad essere un po’ positiva. Non apprezzava la mia critica sotto un post dove si parlava di un palese abuso da parte di una scuola nei confronti di una famiglia.

Perché ogni tanto succede pure questo: che quando finalmente perdi la pazienza l’aplomb e la voglia di perdonare, qualcuno ti faccia notare che no, non è un atteggiamento positivo criticare la scuola più inclusiva del mondo. Eccerto, so’ tutti boni a fare i positivi coi figli degli altri.

Peccato che questa inclusione rimanga sempre più sulla carta, e lo sappiamo bene qui, i miei figli ed io. La scuola italiana la stanno smontando pezzo per pezzo, e il primo pezzo che ci ha salutato è stato proprio quello delle risorse per l’inclusione.

Quindi oggi quando la sventurata m’è venuta sotto con il ditino puntato contro la mia negatività disfattista ho pensato al mio Asperboy, che ha iniziato a prendere le goccioline per resistere a scuola a 8 anni e che dalla scuola dell’obbligo (sottolineo: obbligo) si è portato a casa un diploma e un PTSD, al mio Aspiebaby che al momento riesce ad andare a scuola un paio d’ore due o tre volte alla settimana, in un’aula separata che per riuscire ad averla c’è voluto che arrivasse oltre il limite sennò prima stava in corridoio, e che il mese prossimo gli tocca anche a lui visita con npi per vedere se si riesce a tamponare anche lì col farmaco giusto. E ho concluso che considero già positivissimo non aver ancora fatto irruzione in una scuola gridando “Montessori è grande” armata di un fucile paintball caricato a guano.