Immaginate di essere sdraiati su un tavolo operatorio, con la cannula già in vena, la scialitica puntata addosso e attorno il solito fervere di attività di chirurghi, ferristi e anestesista che si preparano a operarvi.
Un attimo prima che l’anestesista vi metta in vena roba di quella buona per addormentarvi, alzate una mano e dite: no.
Vi garantisco che tutta la gente lì intorno in cuor suo magari vi manderà affandomo in varie lingue e dialetti, ma non vi metterà più un dito addosso. Vi metteranno su una barella e vi riporteranno in camera vostra. Non si azzarderanno a operarvi senza il vostro consenso.
Eppure, quando avete fatto le varie visite preoperatorie vi hanno fatto firmare fior di fogli dove esprimevate il vostro consenso all’intervento, affermando che siete consapevoli dei rischi e delle conseguenze. Quindi, perché non hanno proseguito? Carta canta, si dice, e loro carte in mano dove c’è scritto che acconsentite ce le hanno.
E’ che in Italia, per legge, funziona così (ma pure all’estero): il consenso a un trattamento medico può essere sempre ritirato, in qualunque momento. Anche a voce. Anche all’ultimo minuto.
Ecco, è la stessa cosa per il consenso a far seguire i vostri figli da questo o quel medico o psicologo, non importa se pubblico o privato. Vi avranno fatto firmare fior di fogli di consenso, a voi e pure al paTre della creatura, per essere sicuri che siete d’accordo e consapevoli. Senza quei fogli firmati nemmeno lo vorranno vede’, il creaturo. Ma quei fogli valgono solo finché voi non decidete il contrario e lo dite. Potete ripensarci 5 minuti dopo averli firmati, per assurdo, o 5 anni dopo. Non è un matrimonio complicato da sciogliere, non è un contratto a vita firmato col sangue. E’ un consenso modificabile in qualunque momento. Decidete di portare vostro figlio altrove, e finisce lì.
E la domanda quindi è: perché capita che scuole e Asl insistano che i ragazzi come i miei devono essere seguiti nel pubblico, e pretendono pure di decidere da chi? Risposta mia: perché o non conoscono la legge sul consenso al trattamento medico e quella sulla libertà di cura, oppure fingono di non conoscerla perché così si risparmiano un sacco di scocciature e si semplificano la vita. Ma la complicano a noi. E io non ci sto.
In Italia esiste la libertà di cura, ed è addirittura prevista dalla Costituzione, nell’art. 32. Nessuno può essere obbligato a un trattamento sanitario, tranne casi molto specifici e regolati dalla legge.
Questo significa che se non voglio essere curata per qualcosa nessuno può obbligarmi, e anche che posso scegliere da chi farmi curare. E questo vale anche per i minori di cui ho la responsabilità genitoriale, cioè i miei figli.
In Italia però esistono anche leggi scritte male, e una di queste è il DI 182/2020, là dove descrive la composizione del GLO, cioè il gruppo di lavoro che deve discutere e approvare il PEI, il Piano Educativo Individualizzato, che secondo la legge 104/1992 e sue linee di applicazione definisce tutti gli interventi da attuare a scuola per favorire l’inclusione dei ragazzi disabili come i miei figli.
Cosa dice questo DI 182/2020? All’articolo 3 comma 3 recita: “3. L’UMV (unità multidisciplinare di valutazione n.d.r.) dell’ASL di residenza dell’alunno o dell’ASL nel cui distretto si trova la scuola, partecipa a pieno titolo ai lavori del GLO tramite un rappresentante designato dal Direttore sanitario della stessa. Nel caso in cui l’ASL non coincida con quella di residenza dell’alunno, la nuova unità multidisciplinare prende in carico l’alunno dal momento della visita medica nei suoi confronti, acquisendo la copia del fascicolo sanitario dello stesso dall’ASL di residenza.”
E qui la mia domanda è: chi vi ha detto che l’alunno è sempre in carico alla Asl di residenza? I miei figli non lo sono, per esempio. Sono seguiti privatamente da specialisti competenti in materia. Infatti l’unica volta che una rappresentante Asl si è presentata al GLO di uno dei miei ragazzi, perché la scuola aveva insistito a convocarla a tutti i costi, la prima cosa che ha detto è stata: io non capisco perché sono qui visto che il ragazzo non è in carico a noi. Sgomento dei presenti, e mo’ che facciamo???? tranne la sottoscritta che ha detto: perfetto, mettiamolo a verbale e procediamo con il GLO. Perché io la legge in materia di sanità la conosco, e pure quella in materia di inclusione scolastica. Però periodicamente la questione riciccia, quando c’è da convocare un altro GLO (e con due figli certificati e la nuova legge che ne prevede almeno 3 all’anno, vi lascio immaginare quanti ne ho fatti e ne farò ancora) e la scuola va in cardiopalma perché bisogna chiamare la Asl.
Che poi pare che questo fatto di avere i figli in carico a specialisti privati sia ‘na specie di capriccio da parte di noi genitori, un volerci “comprare” diagnosi di comodo magari. Ora, farò un elenco di cose realmente accadute e non vi dirò a chi e dove, fatevi le vostre ipotesi, ma vi assicuro, sono tutte cose successe davvero:
– a qualcuno che conosco la Asl territoriale ha assicurato che la figlia non era autistica, tranquilli, e poi è autistica as fuck, all’ADOS fatto finalmente da altro professionista di altra Asl è uscito un punteggio da mani nei capelli. La prima Asl non ha purtroppo npi formati in autismo, succede eh, non è strano, mica possono essere esperti in tutto. Peccato però che le famiglie possano rivolgersi solo alla Asl del loro territorio, se gli va bene il npi di quella Asl ci capisce del problema del figlio, se gli va male non ci capisce e so’ cazzi amari, non puoi rivolgerti ad altra Asl dove sai che c’è gente più competente
– a qualcuno che conosco, la Asl territoriale ha dato appuntamento per la prima visita del figlio quattrenne con una psicologa che è cascata dalle nuvole perché lei si occupava solo di consultorio adolescenti. Tutto da rifare.
– a qualcuno che conosco, la Asl territoriale ha detto apertis verbis che non avevano la possibilità di inserire la figlia in un percorso terapeutico, perché non era abbastanza grave
– a qualcuno che conosco il mega centro di ricerca inserito nel sistema pubblico ha dato appuntamento per una visita 18 mesi dopo. Avete letto bene: primo posto disponibile, tra 18 mesi
– a qualcuno che conosco la Asl territoriale ha avviato la procedura di messa in lista d’attesa per ricovero urgente di figlia con ideazioni suicidarie. Stanno ancora aspettando la chiamata dopo 6 anni (nel frattempo ovviamente la figliola l’hanno portata altrove)
Potrei andare avanti un bel po’, ma spero che vi basti per capire che in questo paese, con questa sanità, le Asl e correlati istituti sono del tutto insufficienti per coprire le reali necessità delle famiglie di ragazzini come i miei.
Solo che lo Stato Italiano, bontà sua, a cui pago le tasse ma che non mi fornisce i mezzi per assistere al meglio i miei figli, poi mette in capo a me e a mio marito la responsabilità della loro salute fisica, mentale e sociale. In altre parole, se qualcosa va male la responsabilità è mia, mica della Asl che non c’ha specialisti formati, o che non ha posto per le terapie etc etc etc. E’ mia. Devo trovare io una soluzione, non solo perché se vedo i miei figli stare male mi si strappa l’anima, ma perché per legge è così. Ma per legge io sono passibile di denuncia se non mi occupo dei miei figli, non se non li metto per forza in cario alla Asl, questo non è obbligatorio. Devo provvedere a loro. Come meglio fare, lo devo decidere io.
Quindi, voi che fareste al posto mio?
Io so cosa ho fatto: ho cercato sempre il meglio possibile per aiutare i miei ragazzi qui e ora, pubblico o privato che fosse non me ne fregava niente, perché loro hanno bisogno di aiuto, e di aiuto competente, ORA, non tra 18 mesi se va bene.
Quindi per me questo famoso DI 182/2020, che ha dalla sua sicuramente vari pregi, quando si arriva al discorso composizione GLO è scritto coi piedi e serve solo a complicare ulteriormente la vita delle famiglie. Come se ne avessimo bisogno.
P.S. per chi si chiede ma allora come hai fatto ad avere la certificazione 104 dall’INPS, visto che ci vuole una diagnosi pubblica? A parte il fatto che non ovunque ci vuole per forza una diagnosi pubblica, i miei figli hanno almeno una diagnosi iniziale rilasciata da un ente pubblico, e poi per il resto sono relazioni di centri privati. Non è che quando la Asl ti rilascia finalmente dopo sangue sudore e lacrime una diagnosi poi quello è un contratto a vita firmato col sangue. Non c’è nessun obbligo a restare in carico alla Asl per sempre. Ma chi ha scritto il DI 182 evidentemente non lo sa o finge di non saperlo.
C’è un risvolto molto amaro in tutte le vicende problematiche che coinvolgono i ragazzi come i miei. Ed è quello della fiducia tradita.
Anche perché diciamocelo, in determinate circostanze noi atipici con scarse dotazioni per il sociale abbiamo davvero poco fiuto per le situazioni in cui fidarsi è bene ma non fidarsi sarebbe molto meglio. Se ci chiedono fiducia, o se hanno un ruolo che implica affidabilità sulla carta, tendiamo a fidarci.
E tendiamo anche a fornirci una serie di spiegazioni interiori per quello che non va, e tendiamo anche a credere che invece le cose cambieranno, miglioreranno, ora che finalmente abbiamo chiarito, spiegato, sviscerato, ci siamo accordati etc. In un certo senso è questa l’ingenuità dell’autismo, quella di prendere le cose “at a face value”, cioè in modo letterale, per come sono state dette, o scritte. Ti hanno detto che ci penseranno, faranno, cambieranno etc. e tu ci credi, ti fidi.
Ma la realtà non funziona così. E a volte lo capisci dopo anni, che quel medico che ti ha ghostato per mesi in realtà voleva solo che tu ti levassi di torno perché tuo figlio era un caso rognoso ma non te lo poteva dire in faccia, di andarti a cercare qualcun altro che lo seguisse. O che quella maestra diceva sì sì sorridendo, ma poi una volta in classe ricominciava come prima perché era convinta di avere ragione lei. O che semplicemente chi nasce tondo non muore quadrato. Cose così, che ci ripensi dopo anni e ti chiedi come hai fatto ad essere così scema.
E quanto la realtà non funziona, chi è lì in mezzo è tuo figlio. Tuo figlio a cui avevi promesso un anno diverso, un medico diverso, una scuola diversa, finalmente. Tutte cose a cui ha diritto, e che non riesci a dargli, per quanto ti sforzi e provi e riprovi. E la cosa più amara di tutte è questa: che alla fine senti che la colpa è anche tua. Che ti sei fidata di nuovo, che non hai capito i segnali che magari erano evidenti per gli altri, che hai perso tempo ad aspettare un cambiamento impossibile, che hai permesso una volta di più che tuo figlio stesse male, e pagasse per le inadempienze e l’incapacità altrui. E se gli altri te li puoi lasciare alle spalle, alla fine, e non perdi nemmeno tempo a cercare di perdonarli perché c’hai altro da pensare, è te stessa che non riesci a perdonare.