Penso che tutti avranno presente una delle prime scene del primo episodio di The Good Doctor, quella dove inizia lo spettacolo, in un certo senso: una grossa insegna aeroportuale cade accidentalmente, una pioggia di vetro investe un ragazzino, nella concitazione dei primi soccorsi Shaun si dimostra sorprendentemente capace di fare la cosa giusta. La vicenda poi si dipana per tutto l’episodio intervallata da altre storie complementari di cui, diciamocelo, non ce ne frega una beneamata ceppa.
Ora, tornando alla scena di cui dicevo, ci sono due cose che sono molto autistiche, e bravi gli sceneggiatori che le hanno inserite. La prima, la valvola unidirezionale improvvisata con una bottiglia di whisky, qualche tubo di gomma e scotch da carpentiere. Qui Shaun dimostra la capacità di vedere gli oggetti al di fuori degli schemi, degli utilizzi consueti, e costruire prima di tutto nella sua testa, visivamente, e quindi poi nella realtà, qualcosa di nuovo da oggetti consueti. Quella strana capacità di combinare in configurazioni nuove e con usi non standard gli oggetti per risolvere problemi che, credo, molti di noi condividono e che ti fa per esempio improvvisare un ciuccio con una caramella gommosa ed una bustina di plastica, così tua figlia smette di urlare perché ha perso il ciuccio all’Ikea… McGyver, uno di noi.
La seconda cosa è il sorrisetto beato di Shaun mentre fa quel che fa. Fateci caso. Non è teso, non è preoccupato, meno che mai angosciato. Si sta divertendo. Si sta divertendo, in mezzo a quella situazione pazzesca, perché sta facendo quello che gli piace fare, che sa fare molto bene, e questo gli procura un innegabile senso di appagamento. In quel momento, è un surfer che sta cavalcando l’onda. E prima che qualcuno storca il naso perché in una situazione del genere si sta divertendo, pensate che è il divertimento di Shaun che salva quel bambino. E’ il fatto che Shaun ricavi così tanto piacere dallo studio della medicina e del suo esercizio, che rendono possibile la sua conoscenza ed efficienza. E’ la passione di Shaun, il suo interesse assorbente in termine tecnico, a salvare il ragazzino. Ed è una sensazione che io credo molti autistici sperimentino quando c’è una situazione di emergenza o anche solo un problema da risolvere, ed è un problema in un campo che quell’autistico conosce bene, e allora al di là del problema, al di là dello stress, al di là della difficoltà ed anche del dolore se è presente, c’è l’entusiasmo dei neuroni che si buttano nella mischia gridando “EVVAI, TOCCA A NOI, DOBBIAMO TROVARE UNA SOLUZIONE!”. Io la conosco, quella sensazione, l’ho sentita nelle situazioni più disparate e anche più disperate, anche in un pronto soccorso, anche se la cosa mi riguardava personalmente, perché c’è sempre una parte di me che affronta le cose in quel modo. E meno male che c’è. Perché è da lì che vengono le soluzioni, alla fine.
Quindi grazie a The Good Doctor che, in mezzo a tutte le polemiche, mi sta regalando la possibilità di riflettere un po’ su come siamo, come sono.