Dice, cosa fai nella vita.
Aspetto telefonate.
Rincorro appuntamenti.
No, sul serio, la vita di un genitore con creature che abbisognano di assistenza neuropsichiatrica infantile è così: è tutto un rincorrere gente per avere appuntamenti per visite o colloqui di cui le creature hanno bisogno.
Siccome però senza insulina un bambino diabetico muore, ma senza assistenza una bambina autistica campa, MALE ma campa, tutto si diluisce in una mancanza di urgenza snervante.
Vai mercoledì in reparto, e chiedi l’appuntamento.
Signora la chiamo io, spero in mattinata, al massimo domani.
E non chiama.
Vai venerdì di nuovo in reparto, e chiedi un appuntamento.
Signora, sono in riunione, la chiamiamo noi in tarda mattinata.
E non chiamano.
Lunedì di nuovo a bussare alla porta del reparto. Indovinate.
Sono in riunione. Sono molto dispiaciuti. Ci chiameranno.
Io vado avanti ogni volta settimane, a cercare di ottenere ‘sti appuntamenti.
Il record assoluto lo detiene un importante centro all’eccellenza, roba grossa. Devono chiamarmi da Dicembre 2016. Avete letto bene. 2016. Mortacci loro, scusate eh.
Quando S. è stata male, molto male quest’estate, ho visto la dottoressa del pronto soccorso, piena di giovanile ingenuità, chiamare i reparti di mezza Toscana. Alla fine sapevo già cosa sarebbe venuta a dirmi più tardi, sconfitta. Il reparto di psichiatria non la prendeva, perché è una ragazzina, non un’adulta. Il reparto di pediatria non la prendeva, perché sì è una bambina ma è autistica ed è competenza della neuropsichiatria. La neuropsichiatra qui non fa ricoveri, e comunque dopo le 14 chiude e non ha manco la reperibilità. Altri reparti in altri ospedali pediatrici toscani non avevano posti, figurati, volevo dire alla dottoressa che io è da Dicembre del 2016 che aspetto…
Comunque, S. quel giorno alla fine ce la siamo riportata a casa, e le soluzioni le abbiamo trovate pian piano, con quel misto di bricolage e testardaggine che accomuna un po’ tutte le famiglie di autistici in questo paese. Va meglio, dai che anche stavolta possiamo farcela.
Però checcavolo, ogni volta che mi serve un minimo di assistenza pubblica qui dove vivo so già che dovrò mettere il coltello fra i denti e diventare la stronza che non vorrei essere. E rincorrere per settimane gente perennemente in riunione.