Spesso si usa una metafora presa dal mondo dell’informatica, per far capire che l’autismo è un modo diverso ma non da meno di essere. Si dice: essere autistico è come essere un Mac in un mondo di PC. Cioè, gli autistici montano un sistema operativo diverso dai neurotipici, e questo rende ragione delle incompatibilità, delle differenze di funzionamento, ma al tempo stesso rende l’autistico non un neurotipico fallato, ma qualcuno capace in determinati campi di prestazioni anche superiori, non solo deficitarie.
La metafora è carina, comprensibile ai più, ha quel tocco di umorismo che non guasta e un po’ di sottile snobismo (soprattutto per chi si ricorda la storica pubblicità della Apple “get a Mac”). Ma si ferma lì e non spiega come faccia alla fine un Mac a vivere in un mondo di PC che montano Windows come sistema operativo. Proviamo ad espandere la metafora, allora.
Diversi anni fa fece un grandissimo successo un programma open source chiamato MAME (Multiple Arcade Machine Emulator). Si trattava di un emulatore, cioè di un programma che simulava, all’interno di un computer moderno, l’ambiente di una macchina arcade per videogiochi. Una di quelle enormi macchine che, nella mia infanzia, potevate trovare ovunque nei bar e nelle sale giochi, e dove bambini e adolescenti, e spesso anche adulti, hanno lasciato veri e propri capitali in monete da 500 lire. Io no, perché a Space Invaders mi ammazzavano in trenta secondi netti e ho deciso che i libri e i fumetti erano meglio. Non ne ero nostalgica, quindi, ma un sacco di altra gente sì, e questo programma si diffuse rapidamente tra gli smanettoni. Bastava installarlo, poi scaricare le “cartucce”, cioè il code del videogioco vero e proprio, e si potevano avere Space Invaders, Puzzle Bobble, Snake e tanti altri videogiochi storici e amatissimi sul proprio schermo, e senza doversi svenare in gettoni da videogioco. Figo.
Mi sono ricordata di MAME quando qualche anno fa mi sono resa conto che tutti i CD-ROM che erano inclusi nei libri scolastici dei miei figli… non girano su Mac. E questa è un’ironica dimostrazione di quanto la metafora Mac/Windows sia azzeccata: la didattica inclusiva della scuola italiana in realtà “non gira” con i nostri figli. Una mia amica mi disse “installa un simulatore di Windows sul tuo Mac e così risolvi”. E ho così scoperto l’esistenza di questa spaventevole eresia: un simulatore di ambiente Windows *per Mac*. In pratica riproduce il sistema operativo Windows all’interno di un computer Apple, così puoi installare programmi nati per girare solo su Windows. *Non* figo.
Cioè, capiamoci: io ho voluto un Mac e continuo a comprare Mac perché non ne voglio più sapere mezza di Windows e di tutti i suoi casini… e poi mi installo un simulatore Windows? Stiamo babbiando? Va da sé che non l’ho fatto, non sono masochista, i CD-Rom sono finiti nell’indifferenziata e tanti saluti… Ma ho capito finalmente come facciamo noi Mac-autistici a sopravvivere – quando ci riusciamo – in un mondo fatto per e di Windows: ci installiamo, anzi ci autoprogrammiamo un simulatore Windows, più o meno efficiente. Costruiamo nella nostra testa una specie di macchina virtuale che funziona in modo da analizzare, apprendere e replicare dei comportamenti neurotipici, e la facciamo funzionare quando il mondo ci propone l’ennesimo CD-Rom che non gira sul nostro sistema operativo. Ed è così che funziona con la cartuccia “Scuola”, per esempio.
Devo dire una cosa: io a scuola sono sempre andata benissimo. Ma l’ho fatto anche perché molto presto ho capito cosa si aspettavano da me: che fossi, per molte cose, “non me”. E siccome avevo la fortuna di riuscire a produrre una simulazione convincente, è andata bene. Avevo all’incirca 7 anni quando ho scritto un bellissimo tema sulle mie vacanze. Nel tema, raccontavo della mia estate trascorsa a giocare con i miei cugini e con il resto della famiglia di mia madre. Siccome il racconto si svolgeva in Toscana, avevo scritto l’intero tema con termini e modi di dire toscani, una precisa scelta stilistica la definirei. Ero assolutamente consapevole di star usando una parlata regionale, particolare, l’ho fatto volutamente. Quindi mia cugina Ale diventava “l’Ale”, la tata di mia madre diventava “la Tata Nanna”, non “andavamo” ma “si andava” e via dicendo. Per me aveva assolutamente senso, perché volevo rendere così l’atmosfera, le giornate, quel che per me rendeva nettamente diverso stare in Toscana dallo stare a Roma per il resto dell’anno.
Il tema tornò indietro pieno di correzioni rosse e blu, tutta l’atmosfera estiva e toscana fatta a pezzi da quei segnacci, nessuna curiosità da parte della maestra di capire perché avessi deciso di scrivere in quel modo, e lì capii rapidamente che da me non ci si aspettava creatività o modi alternativi di ritrarre la realtà, ci si aspettava che scrivessi un temino in italiano corretto (e noioso abbestia). E lì è iniziata la costruzione del mio simulatore Windows per l’italiano: produci quello che vogliono tu produca. Ogni tanto, se trovavo il docente giusto, con una mente più aperta, ci infilavo qualcosa di “mio”, tipo scrivere in venti minuti una poesia in stile amor cortese, o divertirmi a costruire un periodo che tra subordinate e principale durava per un’intera colonna ma stava in piedi e quindi non potevano dirmi niente… ma insomma, per la maggior parte del tempo, facevo quanto richiesto e poi disegnavo per non annoiarmi in classe. Per la matematica è stata più difficile, non riuscivo e tuttora non riesco a visualizzare i concetti, allora studiavo e ripetevo le definizioni, le procedure, e le mettevo in atto scrupolosamente quando richiesto. Ha funzionato, al liceo avevo 8, un successo se mettiamo da parte il fatto che detesto ferocemente la matematica da allora e ancora oggi non la capisco, almeno non come mi è stata insegnata. Ma appunto, sono un Mac, quella parte lì del mio simulatore Windows era un po’ tirata via si vede. Per fortuna esistono le calcolatrici e i fogli Excel. E così via per quasi tutte le materie: prima capisci che tipo di risposte si aspettano, poi producile. Pare figo. Ma in realtà un simulatore Windows è qualcosa di “non figo” per definizione. Anche se prendi 8 a matematica, è più un problema che un vantaggio.
Il problema del simulatore Windows è che occupa un sacco di RAM, e di spazio/tempo mentale ed energie per fare altro non ne resta molto. La tua CPU è pesantemente impegnata, la ventola non ce la fa e prima o poi qualcosa andrà in surriscaldamento. Il problema del simulatore Windows è che a volte si impalla e non riuscite a chiudere il programma, hai voglia a premere Cmd Alt Esc… restate lì senza capire bene chi siete, cosa vi piace, cosa sapete fare davvero e come sapete farlo.
Il problema del simulatore Windows è che non è Mac, e sarebbe ora di non averne più bisogno, e che a scuola, per esempio, avessero programmi che non ti obbligano a farti il tuo simulatore per sopravvivere. Perché puoi essere un Mac, semplicemente, e va bene così.