Natural born autistic

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Domani sarà il 2 aprile, la giornata della consapevolezza dell’autismo. O dell’accettazione dell’autismo. O dell’accettazione della consapevolezza dell’autismo. Per qualcuno, della consapevolezza della mancanza di accettazione dell’autismo. Fate voi. Io sono così stanca in questo periodo che penso mi chiuderò in casa e riemergerò dopodomani.

Per questa giornata vi lascio solo uno spunto, proprio piccolo, ma tosto.

Da bambina facevo un gioco, all’asilo, estremamente autistico. Poteva sembrare un gioco sociale, o un gioco di finzione, in realtà era veramente autistico, credetemi. Volevo ripeterlo sempre uguale, era un rituale in pratica. Includeva una sedia, una mia compagna di classe, una favola in cui alla fine qualcuno finiva nel forno. Non c’era quello che avreste chiamato in termini neurotipici “uno scopo funzionale”, in fondo. Ed era un gioco bellissimo per me. Me lo ricordo ancora come una delle sensazioni più luminose e calde della mia infanzia, era come tornare a casa, era veramente bello per me (per la mia compagna temo di no, ma vabbe’).

Ci sono cose nella vita di un autistico, come i rituali, lo stimming, il gioco ripetitivo, l’uso inusuale di oggetti, il gioco sensoriale, che i neurotipici stentano a capire. Non capiscono cosa ci troviamo, non gli trovano un senso. Lo vedo leggendo anche i libri più “illuminati” sull’argomento, quelli che cercano di gettare una luce sull’autismo.

Gli altri, quelli che non sono autistici, cercano sempre di portarci verso un gioco più “funzionale”, verso occupazioni più utili, più “sensate” secondo loro. Si annoiano a morte con quello che per noi è fonte di gioia. Non riescono a capirlo. Spesso vedo applicare metodi in cui si cerca di far giocare i bambini autistici per farli apprendere, il ché in sé sarebbe pure giusto, ma di solito non sono giochi che piacciono ai bambini autistici. Sono giochi concepiti da e per neurotipici. E il divertimento del bambino autistico non sarà mai pari a quello che prova nei suoi giochi. Senza divertimento, lo scopo del gioco è perso, diventa un lavoro, e l’apprendimento sarà decisamente meno efficace, oltretutto. Quando si parla di divertimento condiviso, in realtà ci sono ottime chance che ognuno dei due partecipanti al gioco, il neurotipico e l’autistico, si stiano divertendo ognuno a modo suo, per cose diverse, anche se collegate allo stesso gioco.

Ok. Va bene. Va bene anche non capirsi reciprocamente, se proprio non ce la si fa. Poi, va anche bene cercare di adattarsi al mondo in cui viviamo, per vivere meglio possibile. Va bene fare del proprio meglio. Va bene cercare di insegnare abilità, per chi ne ha bisogno. Non voglio polemizzarci su adesso.

Ma.
Fatece pace, non sarà mai la stessa cosa. L’autistico resta autistico, nato per fare cose autistiche e trovare divertimento in cose da autistico, in sostanza. Lo so che è dura da mandar giù, ma potete pure inventarvi il gioco che per voi è più divertente di questo mondo, probabilmente un autistico preferirà sempre e comunque le sue cose, i suoi giochi, il suo stimming, la sua costanza, i suoi rituali, le sue ecolalie, le sue “imitazioni”. Lo faranno stare bene come nessun’altra cosa. Non potrete mai battere questo, potrete solo allearvici. Ne avrà sempre bisogno, per tutta la vita.

E poi: queste cose in realtà *hanno un senso*, vitale, e il senso sta nel sollievo, nella gioia e nel benessere che ne ricava.

Sollievo, gioia, benessere. Queste cose sicuramente anche i neurotipici le capiscono benissimo, quindi forse non è impossibile arrivare a capirsi e rispettarsi.

So che uno degli obiettivi delle “terapie” per l’autismo è rimpiazzare almeno in parte le attività autistiche, che si pensano prive di finalità (e quanto c’è di sbagliato in questo…) con altre più funzionali, più socialmente accettate, ma in sostanza: più neurotipiche.
Fate un po’ voi, lo capisco che in questa società alla fine ci dobbiamo vivere pure noi. Però io farei attenzione: laddove un autistico smettesse veramente di fare le sue cose autistiche, di trovarci benessere e piacere, non sarebbe un miglioramento. Sarebbe una resa. E se quello fosse un neurotipico, la chiamereste col suo nome: depressione. E vi preoccupereste.

2 pensieri riguardo “Natural born autistic

  1. Salve, ho letto su Facebook la cosa che avete pubblicato e mi complimento con voi. Vi scrivo perché vorrei farti vedere un video, sono uno psicologo che da anni si occupa di Autismo. Abbiamo girato un video al riguardo, facendolo interpretare direttamente ai ragazzi autistici e con altre sindromi di cui ci occupiamo. Ci piacerebbe tanto fartelo vedere, dato che dentro c’è tutto ciò che siamo. Abbiamo fatto tutto noi, immagini, musiche, narrazione. Fateci sapere cosa ne pensate, saremmo felici se ci aiutate a diffonderlo, magari domani 2 aprile che è la giornata mondiale della consapevolezza sull’Autismo . Cerchiamo di lavorare con amore e poesia nonostante le cose in Sicilia siano veramente terribili. Manca tutto e non ci sostiene nessuno, solo l’amore dei ragazzi ci ripaga degli sforzi e delle amarezze.
    Vi invio il link Youtube:

    Link backstage:

    #autismo #civediamopomeriggio #associazionestellariesi

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