Alto funzionamento o alta fatica?

Parliamone.
Esiste questo termine, alto funzionamento, per descrivere gli autistici come me. Qual è il problema di questo termine? Be’, sono vari.

Intanto, lasciatemi dire che dire “autistico ad alto funzionamento” non ha nessun senso logico. E’ una contraddizione in termini. Io sono autistica perché, per definizione, come *tutti* gli autistici, non funziono bene in tutta una serie di domini dell’esistenza. Se io fossi una con un funzionamento generalmente buono o perlomeno sufficiente, soprattutto in un paio di aree considerate assolutamente fondamentali non solo di per sé, ma per tutta la vita in generale, come la comunicazione e la socializzazione con gli altri, non avrei la diagnosi. Se ho la diagnosi, è perché a certe cose nun c’arrivo. Period.

Quindi, diciamo che la stessa cultura mainstream neurotipica che decide che io non funziono abbastanza in aree fondamentali e quindi sono autistica, poi decide che però io sono “ad alto funzionamento”, che poi si traduce nel pensare che “vabbe’, ma che problemi c’hai?”. What. Da. Fuck.

Insomma siccome sono ad alto funzionamento, ci si aspetta da me… un alto funzionamento, guarda un po’, quasi come se ‘un c’avessi nulla. E in certe aree magari posso anche farlo, ma non in tutte. O come dicevo, non avrei una diagnosi. Quindi è come se voi guardaste Magic Johnson fare una serie di andate a canestro sovrumane, e poi vi aspettaste che lui vi legga fluentemente senza problemi il Paradise Lost di Milton. Solo che Magic Johnson è dislessico, cari e care, e mi sa che avrebbe difficoltà.
Tra l’altro, una delle “impronte digitali” della neurodiversità è proprio un profilo cognitivo disomogeneo. Significa che se il profilo cognitivo dei neurotipici, cioè il grafico dei punteggi dei vari sub-test di un test cognitivo tipo la WAIS-IV, è tutto sommato piuttosto omogeneo e regolare, ci sono differenze di pochi punti tra i vari subtest, la linea va tutto sommato in lieve pendenza qua e là… quello di un neurodiverso sembra più un ECG che una WAIS, uno zig zag insomma, con punti di forza e cadute separati anche da decine di punti.

Quindi perché a quelli come me appiccicano il termine alto funzionamento, che significa? Significa che me la cavo in qualche modo, a fatica ma me la cavo. Sono allenata per farlo, un allenamento che dura da anni e anni… diciamo che ho iniziato praticamente all’asilo. Ho dei punti di forza, che mi permettono di compensare il più possibile quelli di difficoltà, e non farli trasparire troppo, e non far trasparire la fatica che faccio per farlo. Poggio e buca fanno pari, dicono qui. No, poggio e buca fanno una gran fatica, invece, perché comunque la buca c’è sempre. Ho punti di forza e zone di deficit, su cui lavoro pure, e da una vita, ma non è che spariscano. Questo non è avere un “alto funzionamento”, non più di quanto avere la testa nel frigo e i piedi nel forno significhi essere alla temperatura ideale. Significa semmai avere un funzionamento diverso, con punti di forza e punti di difficoltà tendenzialmente piuttosto diversi rispetto a quelli della maggior parte delle persone, quelle tipiche. Il che rende anche più difficile funzionare, semmai, perché le richieste sono alte ma c’è meno comprensione, meno “reti di sicurezza” sociali, meno soluzioni già note. Me la devo smazzare io, insomma, mentre là fuori pensano “ma sei ad alto funzionamento, che problemi hai?”. Eh.

P.s. esistono anche i problemi legati alla definizione “a basso funzionamento”, che poi è quella rispetto alla quale io sarei considerata “ad alto funzionamento”, magari ne parliamo un’altra volta.

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