Siamo verso la fine della mattinata, i figli sono a scuola, e mi squilla il telefono.
Ora, quando mi squilla il telefono mentre uno o entrambi i figli sono a scuola, a me piglia un colpo ormai. Ho passato gli ultimi due anni scolastici a sentirmi chiamare per andare a riprendere Asperboy a scuola o almeno a sedare una crisi. Nei giorni in cui Asperboy andava tranquillo, mi chiamavano da scuola dell’Aspiebaby. Anche se adesso le cose vanno infinitamente meglio, io ormai ho il riflesso condizionato. Come il cane di Pavlov salivava a sentire la campanella, io sudo freddo con la suoneria Huawei. Guardo il numero: è la docente di sostegno di Asperboy. Mi faccio coraggio e rispondo.
Dall’altra parte del telefono, la voce di un Asperboy disperato, che mi dice “mamma non riesco a smettere di premere il bottone, sono finito in un loop, cosa faccio?”. In sottofondo, sento un rumore e voci varie.
Passo indietro: Asperboy ha un bottone giocattolo come quello della foto, tipo quelli che si usano nei quiz televisivi, e che premuto si illumina e fa un suono. Oggi lo ha portato a scuola (parentesi: i miei figli portano spesso oggetti da casa a scuola, la mattina, è un modo per aiutarli nel passaggio, per uscire di casa insomma, che è sempre un momento delicato per loro). Capisco che deve essere successo qualcosa che lo ha fatto agitare, gli è partita la stereotipia di premere il bottone perché in qualche modo incanala l’agitazione lì, ma di certo in una classe durante le lezioni non è proprio il caso. Lui è disperato e in lacrime perché si rende perfettamente conto che è una cosa che disturba, e perché comunque non lo vuole fare, ma nello stato di stress in cui è qualcosa lo costringe. I suoi compagni di sicuro oscillano tra l’incredulità, il non sapere cosa fare, il desiderio di aiutarlo e il fastidio per il rumore. Hanno chiamato la professoressa di sostegno, e lei ha chiamato me.
E io mo’ che faccio?
Voi che fareste in una situazione del genere? Avete un ragazzino autistico in loop al telefono, e non serve a niente dirgli “smetti”. Think outside the box. In fondo alla pagina, la soluzione.
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Gli ho detto “Amo’, togli le pile al bottone”.
Tolte le pile, finito il problema 😁 (per stavolta almeno, la prossima volta chissà se funzionerà).
Se non ci avevate proprio pensato tranquilli. Io ho 14 anni di training alle spalle, per riuscire a pensare in due secondi netti: togli le pile 😁 😁 😁
lo avrei fatto anche io! :-)))
ti stimo molto per quello che scrivi e fai. ti leggo sempre con attenzione. mi fai molto riflettere sul modo di percepire le cose e sulle diverse sensibilità delle persone. inoltre mi interessa molto apprendere cose che ancora non conosco.
ti scriverei più spesso ma penso sempre che tu abbia cose più importanti a cui pensare. per questo mi scuso con te se ti ho fatto perdere del tempo a leggere il mio commento. 😉
avrei intenzione di ribloggare sul mio blog un tuo articolo prima o poi se questo non ti infastidisce.
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Certo, nessun problema per me, basta citare la fonte e poi è materiale nato per essere diffuso, per fare (si spera) informazione.
Scusa se ho risposto con ritardo, tendo a dimenticare di controllare la posta del blog…
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