Problemi di identità

identita
Trovo piuttosto significativo il fatto che uno dei libri base di un corso che sto facendo si intitoli “Autismo da dentro”.
Scritto da un autistico quindi? No, scritto da un genitore di autistico. Che è anche un’esperta di autismo, intendiamoci. Ma non è autistica. Eppure ha scritto un libro e lo ha intitolato così: Autismo da dentro.
Non sto affatto dicendo che le cose che scrive siano scorrette, in sé. Probabilmente il libro in sé è utile e ricco di informazioni concrete e acute osservazioni.
Sto solo dicendo che il titolo avrebbe potuto o dovuto essere, al massimo “Autismo da molto vicino”. Non proprio “da dentro”.
Perché l’idea di parlare *per* gli autistici, al posto degli autistici, anche solo accennata, è scorretta in sé.
Gli autistici parlano per sé stessi, con i mezzi che hanno. Non significa che un esperto di autismo non possa scrivere un bel libro sull’argomento, anzi, ce ne fossero di libri interessanti e ben scritti in materia, ce ne vogliono di più! Ma sempre chiarendo allora che non è un libro “da dentro”, è un libro da molto vicino. I libri “da dentro” sono altri, e ne esistono. Non facciamo confusione.
Se proprio si parla di autistici che non possono comunicare, o comunque non possono scrivere libri o blog, non è comunque corretto sostituirsi a loro con una specie di finzione, anzi diciamolo, con una vera e propria finzione. E qui penso non tanto alla comunicazione facilitata, ma alle innumerevoli “lettere” o libri scritti spesso da genitori e parenti in cui si finge di far parlare in prima persona l’autistico, e spesso anche con toni librocuoreschi. Questi apocrifi, questi espedienti letterari lasciamoli ai tempi antichi, quando andavano di moda per accrescere l’interesse del lettore o omaggiare qualche padre della chiesa.
L’onestà intellettuale vorrebbe che si chiarisse che si parla ognuno a titolo personale, e non per qualcuno che non può esprimersi. Che nessuno può davvero indovinare e tradurre l’esperienza di un’altra persona, e questo vale ancora di più per persone con difficoltà di comunicazione e linguaggio. Ma soprattutto: se quella persona proprio non può esprimersi davvero… allora non si esprimerà. Stop. E’ la realtà e non ha nulla di riprovevole. Gli altri si esprimeranno su di lui o lei, al limite, parleranno di lui o lei ma ognuno dalla propria angolazione e punto di vista, non fingendo di essere nel punto preciso di quella persona. Per quanto possiamo amare i nostri figli e conoscerli, non riusciremo mai a sapere cosa veramente passa nella loro testa, nella loro esperienza, nella loro vita, e cosa direbbero. Vale per tutti, autistici e neurotipici.
Come ha sintetizzato molto bene un’attivista autistica: “Non vedo genitori di neurotipici scrivere in nome dei loro figli, non si permetterebbero mai, quindi perché farlo in nome dei figli autistici?
Scrivete usando la prima persona riferita a voi, la lotta è la stessa, lo scopo uguale. “

Non c’è niente di riprovevole o sbagliato in sé a parlare della propria esperienza come genitore di autistico, c’è molto da imparare anche da lì. Che bisogno c’è di mascherarsi da autistico per dire quelle stesse cose?

P.s. nel libro di cui cito il titolo come esempio di “sostituzione di prospettiva”, vengono anche citate alcune esperienze di autistici ad alto funzionamento, ma rimane ancora un libro scritto in massima parte da persone non autistiche. Che di per sé non sarebbe un problema, ma il titolo non lo rispecchia correttamente.

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2 pensieri riguardo “Problemi di identità

  1. credo tu abbia sostanzialmente ragione. però, in questo discorso, si interseca anche un discorso se vuoi “più grande”, a monte, e cioè il discorso che gli scrittori… scrivono, scrivono, scrivono. di cose vere e non; di cose metaforiche ed esemplificative. falsamente di cose vere; veramente di cose false. la scrittura e la verità non corrispondono mai, per quanto siano alte e fedeli le intenzioni dello scrittore. dunque le forzature sono all’ordine del giorno. e certo io parlo sopratutto dal punto di vista del romanziere, ma questo discorso tocca anche chi scrive “semplicemente” saggi che aspirano a raccontare verità e non finzioni. spero di essere stato sufficientemente chiaro.

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    1. Capisco, però in un saggio scientifico si vorrebbe che ci fossero meno cose “finte” possibili. Possibilmente nessuna, magari. Ma soprattutto, in un saggio scientifico sull’argomento autismo, che aspira a creare maggior comprensione di questa condizione, credo che sarebbe opportuno cercare di non perpetuare modalità che alla fine sono dannose per gli autistici. Perché tendono a considerarli tutti eterni sotto tutela.

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