Anni fa, quando ero una giovincella di belle speranze, ho lavorato per un paio d’anni come operatrice di CAD2 in uno studio di architettura. Erano gli esordi dell’uso del mezzo digitale nel mondo dell’architettura, ancora in molti studi si faceva tutto a tecnigrafo, pennino e nottate in bianco (ora per favore non mettetevi a calcolare quanti anni fa può essere successo che è meglio).
Dicevo dunque, lavoravo come operatrice, ovvero colei che traduce in digitale i disegni, (e adoravo questa parte) e le indicazioni del cliente di turno. E qui, invece, arrivavano i guai. L’evento più temuto dagli operatori tutti era infatti l’appropinquarsi alle tue spalle del cliente di turno in visita allo studio per qualche motivo. Più inquietante che avvistare le due ragazzine di Shining in un corridoio. Perché facendo capolino da dietro le tue spalle come un creeper pronto a farsi saltare addosso a te, era matematico che il cliente dopo un’occhiata compiaciuta al tuo (suo) lavoro avrebbe indicato qualcosa sullo schermo e ti avrebbe detto una cosa tipo “uhmmm senti… ma questo muretto qui, spostalo di 10 cm, che così torna meglio”. E mentre tu sentivi la tua mattinata di lavoro andare a ramengo chiosava “tanto è poco no?”. Eccerto, pensavi tu, basta poco, che cce vo’?
Perché vedete, in questi architetti di lungo corso, abituati alla manualità del tecnigrafo e alla concretezza del cantiere più che a un computer che sembrava capace di cose (allora) inimmaginabili, l’idea di spostare un muretto di soli 10 cm era “poco”, tanto più che ehi, lo stai facendo con una di queste meraviglie tecnologiche, praticamente tu pensi e quello fa! Vagli a far capire che intanto quando lavori al computer spostarlo di 10 cm o di 10 metri quel muretto è la stessa operazione, in sostanza, sempre la stessa procedura è. E che spostarlo anche solo di 10 cm spesso significa che tutto quello che a quel fottuto muretto è collegato va comunque modificato di conseguenza, non accade per magia, e quindi sono altri muri, porte, arredi etc., ognuno un oggetto diverso in quel sistema complesso che si chiama “progetto”. In tutte le tavole che hai fatto fino a quel momento, in tutte le proiezioni, e poi salvare di nuovo tutto il lavoro modificato. Quindi “che cce vo’?” una bella ceppa alla fine.
Ecco, agli autistici capita spesso di sentirsi proporre delle modifiche, dei cambiamenti che si pensa siano piccoli. E magari lo sono, sia chiaro. Ma partiamo dal concetto che tendenzialmente la mente autistica ha questa strana tendenza a voler “contenere” tutta la realtà che conosce, organizzarla in un sistema coordinato, dove tutte le parti sono in relazione con le altre, in una rappresentazione allo stesso tempo unitaria e dettagliata. Dove non si perde nulla, dove tutto torna, tutto si capisce a cosa è collegato e come, e in ogni momento, e da vari punti di vista pure. Sì, tipo un progetto particolarmente ampio e complesso. Questo, per la mente autistica, è il file “realtà.tiff”. Ho scelto il formato .tiff perché spesso è una realtà visiva, ma potrebbe pure essere un .doc o un .zip, dipende dalla mente autistica in questione.
Ora, immaginate di andare da una mente che regge, che vuole reggere la realtà sulle spalle come Atlante reggeva il globo terracqueo perché questa è la sua più vera natura, e dirle: senti, ci sarebbe da fare questo piccolo cambiamento… tanto basta poco, che cce vo’?
Che cce vo’? CHE CCE VO’?? Eh, ce vo’ che adesso devo tirar fuori il file realtà.tiff nella mia testa, mi tocca modificare quella parte lì, e poi tutto quello che era collegato perché se cambi un dettaglio poi tutto l’insieme è diverso, diventa tutta una realtà diversa, insomma è un lavoro mostruoso, roba che mi tremano i polsi solo a considerarlo, mi sento esausta alla sola idea prima ancora di cominciare e NO, io non lo faccio, non cambio niente checcazz! Voglio le mie abitudini, le mie routine, voglio sempre gli stessi cibi con gli stessi sapori e le stesse consistenze, gli stessi vestiti, voglio passare sempre di qua e non di là, perché io questo enorme file realtà.tiff non posso passare la vita a modificarlo di continuo “un poco, che cce vo'” per sta’ dietro alla volubilità vostra e di tutti gli altri. Si fanno i cambiamenti proprio necessari, con sangue sudore e lacrime, e per il resto si lasciano le cose come sono, perché la mia CPU interna a ‘na certa non ce la fa più e alla fine potrebbe andare in surriscaldamento. E se non sapete cosa succede quando va in sovraccarico, ecco, questo.