
(Oggi affrontiamo un argomento delicatissimo, quindi per una volta cerchiamo di non trascendere. Anche se certe persone, certe posizioni ideologiche, mi tirerebbero fuori il beeeep nel giro di un nanosecondo. Ma vabbe’, ci provo a contenermi)
Quando ero bambina conoscevo tutte le bandiere dei paesi del mondo, e le relative capitali. Oggi non so come facessi, anche perché a guardare la stesa di bandiere qui sopra mi viene un lieve capogiro e mi dico “non ce la farò mai ad impararle tutte”. E no, non sono le bandiere dei paesi del mondo, sono le bandiere degli orientamenti sessuali e delle identità di genere possibili per gli esseri umani. E sospetto non siano manco tutte. Ogni tanto ne creano una nuova, poi, perché definiscono meglio qualcosa o modificano qualcosa di esistente, perché la conoscenza, anche di sé, non sta mai ferma. Insomma, non ti puoi distrarre un attimo che la realtà cambia. Eraclito apprezzerebbe.
Il tema dell’identità di genere, cioè di cosa ti senti, anzi di cosa *sai* di essere, uomo donna o altro (sì, c’è un sacco di altro), e dell’orientamento sessuale (e di nuovo, ce ne sono parecchi più di quanti crediate, v’assicuro) è particolarmente sentito e attuale nella comunità neurodiversa. Perché l’organo sessuale principale dell’essere umano non è sotto l’ombelico, è quello in mezzo alle orecchie, e non sei (neuro)diverso solo come funzionamento neuropsicologico, di solito, lo sei più o meno in tutto.
Questo tradotto significa che una consistente fetta di persone neurodiverse ha, per esempio, un’identità di genere non conforme. Questo termine ombrello significa in sostanza: che non è quello che la società ritiene che dovrebbe essere con quella combinazione di cromosomi X e Y. O non la esprime in modo conforme alle aspettative rosaperlefemminucce/azzurroperimaschietti. Oppure ha un’orientamento sessuale che non è quello maggioritario, cioè eterosessuale. Succede anche tra i neurotipici, ma tra i neurodiversi deppiù, suppongo anche per la nostra autistica e congenita refrattarietà alla componente di condizionamenti sociali. E questa diventa una difficoltà in più da affrontare, nel mondo… perché non ci bastavano le altre.
Ora, faccio fatica a non trovare estremamente morboso il volersi infilare nelle mutande altrui per sindacare su che tipo di anatomia ci sia dentro, e che tipo di identità e orientamento quindi siano opportuni e doverosi, ma a quanto pare esistono individui così morbosi. Per loro conierei il termine morbosessuali (e no, non se la meritano nemmeno una bella bandiera colorata). Il loro ma soprattutto nostro problema è che invece di rivolgersi come sarebbe opportuno ad uno psicoterapeuta per fasse aiuta’ a superare questo loro grave problema, si rivolgono al legislatore per promulgare leggi che obblighino tutti a conformarsi al loro personale delirio, pensando così di risolvere la cosa.
E’ di questi giorni l’uscita strumentale di uno di questi pori palle, che non vuole che si inietti triptorelina alle bambine (sic). E quindi secondo lui cosa dovremmo iniettargli? Patriarcato e sottomissione? Be’, col caz… ahem, volevo dire, NO, proprio no. Meglio la triptorelina, decisamente. E perché?
Perché la triptorelina è un bloccante ormonale. Significa che neutralizza l’azione degli ormoni sessuali femminili. Viene utilizzata in medicina per la cura del tumore al seno ormonosensibile, e viene utilizzata (dopo congruo percorso psicologico e diagnosi di disforia di genere da parte di equipe multidisciplinare in centro specializzato, tanto per chiarire che non la danno via come al mercato) anche per bloccare la pubertà di bambini assegnati al genere femminile alla nascita e con identità di genere non conforme*. La pubertà viene sospesa per qualche anno, e questo significa guadagnare tempo per il loro percorso di presa di consapevolezza della propria identità, finché saranno grandi abbastanza da decidere cosa fare, come procedere. Significa risparmiare a questi bambini la sofferenza di un corpo che cambia e si sviluppa in un modo che non riconoscono come proprio. Perché è una sofferenza, poche storie. Se avete avuto accanto uno di questi bambini, o se avete frequentato un gruppo della comunità transgender, è evidentissimo. Sono bambini che stanno male a vedersi nello specchio, che si infagottano in vestiti tre taglie sopra per nascondere il loro corpo a sé stessi e agli altri, che non vanno al mare o in piscina perché dovrebbero scoprirsi, che si chiudono in camera piangendo quando arriva il ciclo, che odiano il loro corpo e si fanno male, spesso, per questo. Sono ragazzini che a volte cercano di suicidarsi, e magari ci riescono pure. Ecco, con la triptorelina questo si può evitare o ridurre di molto. Quindi Signore ti ringrazio, per la triptorelina.
Faccio parte di quella fetta di genitori con dei figli neurodiversi in tutto, e molto presto mi sono resa conto di una cosa, che fareste bene a capire anche voi se avete figli neurodiversi: non avete il potere di farli essere diversi da come sono, di farli cambiare. Saranno quello che sono, in ogni caso. Però, se vi impegnate bene, potete renderglielo molto difficile e farli soffrire molto. E’ veramente questo che volete?
Quando l’Asperboy ha chiesto di essere chiamato con il suo nome e con i suoi pronomi anche fuori di casa, a scuola, il mondo attorno ha provato a temporeggiare, che è un modo diluito di dire no, e si è girato verso di me aspettando che mi pronunciassi in merito. Perché io sono la madre. E lì ho capito improvvisamente la portata del mio potere in un senso o nell’altro. Potevo dire no anche io, e il mondo si sarebbe conformato con un sospiro di sollievo, sotto sotto, oppure potevo buttare tutto il mio notevole peso sul piatto della bilancia dalla parte di mio figlio, e dire a tutti di rispettare la sua richiesta.
La seconda che ho detto, ça va sans dire.
Ho spiazzato un bel po’ di gente, mi sono trovata un po’ di gatte da pelare, pure in famiglia, ma ha funzionato. Mio figlio è fiorito da allora, e anche se ci sono sempre momenti difficili, rispetto a prima è come essere usciti da un inverno spaventoso. E da allora so di non essere affatto un “helicopter parent”, direi piuttosto un genitore cacciatorpediniere d’assalto. E mi piace così.
Quindi, qual è il messaggio? Il messaggio è che ci vuole coraggio in questi casi, lo so, ma l’unica è mettersi fermamente dalla parte dei propri figli. Non ci sono altre opzioni potabili, spiacente, sarà scomodo ma siamo genitori.
E che là fuori c’è gente che vorrebbe obbligare i nostri figli a soffrire, a rinnegarsi, a conformarsi a stereotipi rigidi e vecchi, che pure per me che sono etero e cisgender puzzano di muffa patriarcale e bigotta e non ne voglio mezzo. E che è il momento di non stare zitti, e dire chiaramente a questi morbosessuali che devono tenere giù le loro mani dai nostri figli e dalle loro vite.
*blocca anche gli ormoni maschili, quindi si utilizza anche per bambine assegnate al genere maschile alla nascita e con identità di genere non conforme
Quanta verità, quanta comprensione nelle tue parole. Quanto tutto.. grazie di questo articolo . Posso condividerlo?
Sono mamma di Alex FTM ❣️
"Mi piace""Mi piace"
Certamente! Sono contenta che l’articolo ti sia piaciuto, ed è fatto per essere divulgato… fare una buona informazione può aiutare i nostri ragazzi.
"Mi piace"Piace a 1 persona