L’inclusione scolastica, parliamone.
L’inclusione scolastica, si sa, è un sacrosanto diritto dei nostri figli, tutti, senza distinzione. Ma è pure un obbligo?
Perché il problema, per l’autistico, arriva subito, quando regolarmente si considera l’inclusione solo dal punto di vista del neurotipico. E la situazione diventa un po’ come un’allegra tavolata a cui viene invitato un celiaco, ma nessuno si preoccupa di fargli avere una pizza senza glutine. “Eddai, vieni a mangiare con noi!” “Sì ma che cazz mangio, che quella roba lì mi fa male?” “Uh? Ma dai, magari alla fine ti abitui!” “No, non mi abituo, poi sto male, scusate, io vado.” “Eh ma guarda che musone, non gli va di mangiare con noi…”
Il problema della scuola è che non è, assolutamente, strutturata dalle basi per la persona autistica. Period.
Tanto per cominciare, l’idea di mettere in una stanza, magari piccola o con il soffitto alto, un numero variabile di creaturi ma comunque sempre più di 15, e più spesso 20-25, dal punto di vista autistico è ASSURDA. NO BUONO. GROSSA GRISI. NOPE.
Troppe persone con cui interagire. Troppo rumore, maremma come siete rumorosi! Troppi movimenti. Troppa gente che non ho scelto e con cui non ho niente in comune. A volte mi sembrano ostili, mi guardano strano. ALLARME. ALLARME. ALLARME.
Andrà benissimo per i creaturi neurotipici, e manco per tutti, ma per un autistico è una fatica improba.
La ricreazione è un campo minato, gente che chiacchiera ovunque e tu non capisci bene di cosa, non sai come inserirti in molte discussioni, ci sono pericoli fuori della classe, ti aspettano i ragazzini stronzi più grandi per gridarti cose che non capisci bene, ma gentili non sono, quindi spesso ti tieni la pipì per tutte e cinque le ore e pace, la farai a casa. Facce che non riesci a distinguere, un volume indistinto e sgradevole di rumori che rimbomba nei corridoi. Finestroni enormi e luci al neon, quando tu a casa stai sempre al buio con le serrande abbassate in una stanza dipinta di grigio scuro…
Poi, i metodi didattici classici con “prof che spiega e tu che prendi appunti”, o “prof che scrive alla lavagna e tu ti spertichi a prendere appunti”. Se poco poco c’hai un po’ di disprassia o disgrafia, fai una fatica bestia e ti perdi metà delle cose, i compiti spesso non riesci a segnarli. E i prof. pensano che sei pigra e svogliata. Poi c’è la difficoltà a capire i concetti astratti, quelli che non puoi visualizzare o disegnare, o che nessuno si prende la briga di tradurti graficamente, e di nuovo i prof che pensano che saresti tanto intelligente ma non ti sforzi. Il carico di ore una dietro l’altra, mentre tu hai bisogno di pause dallo stato di estrema concentrazione che usi per fare ogni cosa, visto che a memoria di lavoro stai scarsina. E i tempi morti tra le lezioni, santo cielo i tempi morti che sono la dannazione dell’autistico perché l’ozio è il padre dei vizi, ma la noia è la madre dell’ansia. E i cambi di programma, che sull’orario c’è scritto geometria ma la prof decide che oggi si fa algebra, oppure senza preavviso arriva una faccia totalmente sconosciuta in classe, il supplente!, uno che tu non lo conosci e soprattutto lui non conosce te e non sa cosa non fare, e da lì va tutto in discesa. E poi i fraintendimenti, continui, con te che fraintendi gli altri perché non sai leggere i sottili segnali mimici o sociali, e loro che fraintendono te perché ti vedono sulla difensiva, o tesa, nervosa, o aggressiva perché sei stanca…
E i compiti, vogliamo parlare dei compiti? I compiti che, dopo cinque ore di purgatorio in classe, ti rovinano anche il pomeriggio in cui vorresti solo chiuderti in camera e finalmente rilassarti con qualcosa che non ti frigga il cervello come la scuola.
E gli insegnanti che con la massima buona fede e buona volontà vogliono includerti, coinvolgerti, farti socializzare come se fosse la panacea di tutti i mali e invece per te è IL MALE , tirarti dentro la vita di ‘sta bolgia che loro chiamano classe, e tu cerchi di far loro capire che se dici “sto male, fatemi uscire da qui e nessuno si farà del male” devono darti retta, non stai scherzando e non stai esagerando, tu il meltdown lo senti arrivare da lontano ormai, lo sai come va a finire. E non vuoi che vada a finire così davanti a tutti, perché poi ti senti veramente male, un verme, una scoria della terra…
Facciamo così, organizzate una scuola dove le classi siano al massimo da 5 elementi, con aule carine, insonorizzate, con luci basse e sicuramente non al neon, mobili dalle linee morbide, didattica con largo uso di supporti digitali e grafici, pause ben studiate ed organizzate anche quelle, insegnanti davvero formati sulla neurodiversità, niente compiti a casa, e allora potrete invitare le mie figlie a tavola con tutti gli altri e penso che ci staranno molto più volentieri.
Per come è adesso la scuola, l’inclusione è una cosa sacrosanta ma dovete capi’ che per noi autistici dev’essere a piccole dosi. Non ce ne serve poi così tanta, in fondo, proprio per come siamo fatti
(nella foto: Julia, la ragazzina autistica di Sesame Street)
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