Barocco emozionale

caserta

Questo che segue è un secondo spiegone sul tema dell’empatia emotiva già trattato nel post precendente

Come spiegavo, gli autistici soffrono spesso (sì, in questo caso ci sta bene “soffrono”) di iperempatia emotiva. Ora, l’empatia emotiva è diversa da quella cognitiva, e qualcuno giustamente faceva notare che considerarle assieme e chiamarle con lo stesso nome non è molto corretto (e produce scempi accademici come le teorie di Baron Cohen sull’empatia zero degli autistici di cui parlavo prima). L’empatia cognitiva è la capacità di comprendere le motivazioni e le emozioni di chi abbiamo di fronte, di spiegarci i suoi comportamenti. E questo per gli autistici può essere difficile perché, per una serie di motivi, non hanno fin da piccoli lo stesso bagaglio di addestramento sociale dei neurotipici. Esiste poi l’empatia emotiva che consiste nel sentire in qualche modo l’emozione della persona vicino a noi, e di questa ne abbiamo a pacchi, siamo spugne emotive. Lo vediamo soprattutto, come raccontavo nell’altro post, quando la persona vicino a noi manifesta rabbia o dolore, ci sentiamo investiti da queste onde emotive, diventiamo inquieti, siamo a disagio, possiamo diventare tristi, arrabbiati, agitati, come minimo irritati. Anche se la cosa non ci riguarda affatto.

Vale lo stesso se ci parlano con un tono di voce particolarmente carico di emotività, per esempio se veniamo rimproverati con tono sarcastico, o arrabbiato. Una delle prime cose che ho notato in lei e che mi hanno fatto capire che anche mia figlia minore è autistica è la sua estrema sensibilità al tono della voce. Se la rimprovero con un tono arrabbiato e concitato, il viso di  Aspiebaby si accartoccia con una smorfia di dolore. Le spuntano i lacrimoni. Inizia a singhiozzare sommessamente perché la invade una tristezza enorme per le sue spalle di bambina. Non significa che non posso rimproverarla se è necessario, ma so che devo fare attenzione a come le dico le cose, a quel che trasmetto con il tono e l’atteggiamento. Non devo esagerare.

Quindi, penserete, visto che siamo spugne emotive, dovrebbe piacerci un sacco stare con persone allegrissime. Ahem, no, non funziona proprio così, la cosa è più complessa. Certo, è ovvio che anche per me è decisamente meglio stare con una persona allegra che con una persona arrabbiata, su questo non ci piove. Ma quello che molti autistici trovano disturbante in realtà è l’eccesso di emozioni. Anche positive, paradossalmente. Si può avere troppo di una bella cosa? Pare di sì. Perché si tratta comunque di qualcosa che destabilizza un equilibrio di stato d’animo, e gli autistici fanno più fatica con la gestione delle emozioni, di qualunque tipo. Non è che non ne abbiamo, come spesso si pensa, tutt’altro, è che possono essere troppo intense e difficili da governare per noi. Per questo, credo, molti autistici adulti istintivamente cercano di mantenere una “dieta” emotiva parca e bilanciata, evitando gli eccessi. Non è esattamente una “freddezza” naturale, come verrebbe da pensare, piuttosto una necessità appresa, un’igiene di vita.
Una persona che parla con un tono di voce particolarmente squillante ed entusiasta può sbilanciarci quasi quanto una che parla in modo triste e lamentoso. Mio marito si chiede perché quando entra in camera di nostro figlio la mattina cercando di mostrarsi positivo ed entusiasta ed esordisce con uno squillante BUONGIORNO!, la risposta del creaturo è tutto meno che entusiasta e positiva. Anzi, rasenta l’istinto omicida. Io cerco di spiegargli sempre che con i nostri figli bisogna parlare con un tono di voce calmo e regolare, che tu debba dirgli buongiorno o mortaccituamistaimandandoalmanicomio o tesorobellodemammatua, perché sennò disregolano pure peggio, ma vedo che per un neurotipico è difficile da capire, istintivamente esprime emozioni con la mimica ed il tono della voce. E’ una cosa normalissima, ma può creare equivoci. “Ma cosa ho detto di male???” chiede il neurotipico di turno. Niente, non è cosa, è come lo hai detto…

Perché l’autistico ha problemi con la regolazione emotiva, ed anche un’emozione positiva ma forte può destabilizzare. Una mia cara amica piange dopo una bellissima giornata, perché anche la felicità è faticosa. L’Asperboy e l’Aspiebaby mi hanno abituata al fatto che dopo un pomeriggio di cose belle hanno bisogno di stare da soli e in silenzio, a fare le loro cose, per ritrovare l’equilibrio. Se non glie lo permetto, rischio di ritrovarmi con un meltdown da gestire. Io ho notato che dopo una o due giornate impegnative, anche positive, posso diventare triste senza motivo apparente e devo riposare lontano da stimoli emotivi e sociali sia in senso negativo che positivo. Basta saperlo, alla fine, ed accettarlo come una parte della nostra vita da gestire. Funzioniamo così.

La musica romantica guarda caso non mi è mai piaciuta. Troppa emotività esibita, troppo imprevedibile. Lo sturm and drang non fa per me. Per fortuna sono cresciuta studiando e suonando musica barocca, e quella per me è la perfezione dell’emozione in musica: misurata, sempre contenuta e regolare, mai, mai eccessiva. Sempre inscritta in una forma armoniosa, definita e sicura… compiuta. Insomma la perfetta rappresentazione del benessere emotivo, per me. E le mie emozioni le vorrei così, come una cantata di Bach, come una Musica per i Reali Fuochi d’artificio di Haendel, come un Largo di Vivaldi. E vorrei fossero così anche quelle di chi mi sta vicino. Please.

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